martedì, maggio 20, 2008

Sonno e morte.


C'è una possibile analogia fra gli stati di veglia/sonno e quelli di vita/morte che mi sembra molto interessante. In effetti la vita diurna può stare all'esperienza in questo mondo come la vita nel sogno e nel sonno stanno al periodo di latenza dopo la morte nelle dimensioni invisibili e intangibili (per chi ci crede, naturalmente!). Da questo parallelismo possono ricavarsi parecchie riflessioni e osservazioni, si può forse comprendere qualcosa sia dello stato di sonno-sogno che di quello dopo la morte, perché una dimensione fa luce sull'altra e viceversa. Per esempio, le dottrine orientali ritengono che dopo il decesso non possa esservi evoluzione della coscienza, che non possa esservi crescita ma soltanto l'elaborazione e l'assimilazione di quello che le esperienze ci hanno insegnato nella vita del piano fisico. Saranno vite successive a portare avanti, per gradi, la nostra evoluzione. Allo stesso modo, per legge di analogia, possiamo desumere che durante il sonno e il sogno non c'è effettiva esperienza e trasformazione della consapevolezza, bensì soltanto rielaborazione di quanto avvenuto durante il giorno. Anche Freud pensava che il sogno potesse essere interpretato rintracciandone gli elementi a partiere dal vissuto del giorno precedente, con il quale doveva essere in profonda e intrinseca relazione. L'analogia un pò... esoterica che qui propongo può avvalorarne ulteriormente l'opinione! Ecco dunque una chiave per capire i nostri sogni: essi costituiscono innanzitutto il mezzo con cui la mente "digerisce" l'esperienza diurna, probabilmente allo scopo di trarne il nutrimento, il senso. Al risveglio, probabilmente, portiamo con noi - inconsciamente e profondamente - il risultato di questa assimilazione, e siamo pronti per portare ulteriormente avanti il nostro livello di consapevolezza. Non ci sono salti improvvisi naturalmente, l'evoluzione procede per sfumature successive sia da un giorno all'altro che... da un'incarnazione all'altra.

giovedì, gennaio 10, 2008

Trastevere.

Sogno del periodo 2001-2003

Abbiamo traslocato, portando i nostri mobili in una casa di Trastevere. E’ un vecchio appartamento, situato su un piano elevato, mi pare di ricordare che prima ci abitava un’anziana signora. Non ci sono riscaldamenti, a parte una stufetta a legna, ma l’ambiente è perfettamente confortevole e si conserva caldo anche d’inverno. Meglio, avremo meno spese! Fuori le vie sono piene dell’attività della ‘vecchia Roma’, ci sono mercatini di vario genere. Proprio sotto casa c’è una bancarella dove vendono polenta fritta. Sono molto contento perché Paola, anche in mia assenza, potrà agevolmente trovarsi nel centro della città, fare le compere, andare dove vuole. Dobbiamo, comunque, completare il trasferimento con gli ultimi dettagli e portare anche gli animali. Improvvisamente, a quest’ultimo pensiero, sono assalito dall’angoscia: ora staremo in città e, con tutti i divieti e le limitazioni sui cani, come farà il nostro Jolly a correre e giocare libero come fa attualmente nel nostro giardino di campagna? Dovrà uscire per la passeggiata solo in certi momenti della giornata, con il guinzaglio e magari pure con la museruola. Povera bestia, avrà perso tutto! E i gatti? Non staranno mai, mai più all’aria aperta, alla luce, al sole! Anche noi stessi saremo limitati: penso all’estate trascorsa, quando ogni notte, al buio, guardavamo il cielo e le stelle. Non potremo farlo più. Ne parlo con Paola e ci addoloriamo moltissimo, sto quasi per piangere. Ci siamo sbagliati, è assurdo che questo aspetto non ci sia venuto in mente prima! Non possiamo, comunque, accettare una cosa del genere: andiamo a parlare con il signore che ci ha dato l’appartamento, a scusarci. Torniamo indietro.


Commento: il sogno descrive due spazi vitali in antitesi polare. In uno la città vecchia, la comodità, l'inverno, la protezione, la madre archetipica (la vecchia signora), l'alimentazione, il centro; nell'altro la campagna, la periferia, l'estate, l'incertezza, l'archetipo paterno (il cielo, la luce, il sole). Però nella situazione centrale e confortevole ci sono delle limitazioni, dei divieti oppressivi; mentre in quella più marginale e disagiata c'è senso di libertà e di apertura. Il sognatore sceglie la seconda: in realtà capisce di non voler ritornare indietro, al passato, come all'inizio del sogno, anche se quella condizione ha indubbi aspetti piacevoli. Preferisce il futuro, l'apertura, il cambiamento, meno rassicuranti ma orientati alla libertà interiore e alla trasformazione. In questo caso, dunque, oltre-il-fiume (tras-Tevere, trans Tiberim) ci sarebbe il senso di un rifugio nel passato, di un volersi fermare, un ritorno nel "ventre", di un approdo stabile per non volere affrontare quello che invece il fiume simbolico rappresenta: la nascita o ri-nascita, il trascorrere, la trasmutazione di sé.

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